La poesia è
un’espressione artistica straordinaria, perché rende gli uomini consapevoli
della propria sensibilità; ma soprattutto quando si diventa poeti si conosce se
stessi.
Il lettore tenta di
introdursi nell’intimo del poeta e di attraversarne l’animo, senza la
presunzione di aver completamente compreso, a fine lettura, il viaggio
intrapreso dall’artista nel tempo e nello spazio; comunque, nonostante i limiti
dell’uomo comune, il poeta fa riflettere, entra nel suo cuore, penetra nella
sua interiorità e lo trascina nel suo piacevole turbinio di emozioni.
Il percorso del vento, di Angelo Fonte,
metafora della vita, del corpo e dello spirito, del rapporto dell’io con la
natura e con il tempo, è sana lezione, che racconta la nostra esistenza,
valicando tutti i confini e spostandosi velocemente, senza l’ausilio di mezzi
materiali e meccanici.
E’ questo il potere
della mente e della fantasia di colui che diventa poeta, che mai potrà essere superato
dalla più evoluta tecnologia.
Un paesaggio di mare, causa
d’inquietudine per il sopraggiungere dell’alta marea, diventa una condizione
ideale dello spirito umano dal ponte di prua di una nave e ancora l’infrangersi scandito delle onde sugli
scogli copre ogni errore del passato con “la schiuma del rimpianto/che dilaga”
a riva “ come il battito asincrono/della palpebra” ; segue la condizione del naufrago che, “pressato/
dal sole di mezzogiorno”, perde il proprio orientamento per introdursi in
un’altra dimensione. Il vento è la vita, il soffio che “scompiglia” e che contemporaneamente
ci “accarezza” rendendoci, pertanto, più veri. “Lascia che sia il vento/ a
recitare le poesie del tempo/ come l’attore sul palco del debutto”: la
cognizione spazio-temporale è superata. Il vento percorre epoche e luoghi della
vita diversi tra loro, come un attore che recita la sua parte “ sul palco del
debutto”; ma l’artefice del proprio destino è l’uomo con i suoi dubbi, con le
sue certezze. Il vento guida le parole, che scalfiscono la nostra mente di
giorno e riposano di notte: un invito a non spenderle invano e a saper
osservare, se necessario il rispetto del sano silenzio.
Le immagini si
susseguono dal passato al presente: il maestro di un tempo ora inutile, la
donna intenta nei lavori domestici, ma pensierosa e viva, in grado di destabilizzare
piacevolmente l’uomo e di lasciare un segno indelebile nel suo cuore e “ sulla
sabbia” al suo passaggio; la danza della donna che provoca l’estraniamento
dell’altro: “prendo il largo verso nuovi orizzonti/ barca alla deriva del vento
di scirocco”[…] “evaporando pena e nostalgia/ approdo per incanto al porto
della felicità”; la rappresentazione di una signora china sulla sedia intenta
nel ricamo che sembra la tela di un artista; figure e luoghi conosciuti nei
viaggi come il bimbetto malandrino di Shanghai e il “lungo viale di Berlino”
segnati dalla loro rispettiva storia e dalla loro attualità; luoghi vicini come
i vicoli della città di Torino o i villaggi di montagna con le loro “baite” e
la fontana da cui “zampilla” l’ acqua che placa il fuoco interiore.
L’acqua è elemento
vitale primario; nelle varie forme della goccia, del coriandolo, del fiume e
della neve diffonde la vita, tuttavia costituisce anche il preludio della morte
con i suoi fiocchi che nel loro silenzio proteggono, preservano e travolgono.
Vita e morte, dunque, costituiscono l’ossimoro inscindibile di ogni essere
umano, l’interrogativo irrisolto di ogni esistenza.
La parola poetica diventa magica perché
permette di spiccare il volo verso l’infinito, ma la riflessione scaturisce
dalla realtà e dalla nostra profondità: nella solitudine dei propri pensieri
ogni uomo diventa poeta.
Cinzia Tiberi Vipraio